Il pianoforte è uno strumento musicale a corde percosse mediante martelletti, azionati da una tastiera. L’origine del termine è italiana ed è riferito alla possibilità di suonare note a volumi diversi in base al tocco, effetto non ottenibile in strumenti a tastiera precedenti, quali il clavicembalo.[1]
La tastiera è di norma composta da 88 tasti, 52 bianchi e 36 neri. I bianchi rappresentano le note: do, re, mi, fa, sol, la e si. I neri individuano generalmente le alterazioni (note bemolli o diesis). Il pianoforte è il più diffuso strumento appartenente ai cordofoni a corde percosse; altri membri sono il clavicordo, oggi utilizzato prevalentemente per l’esecuzione filologica della musica d’epoca, e il fortepiano, progenitore del pianoforte.
Il suono può essere modificato anche mediante pedali (solitamente tre), che azionano particolari meccanismi. In un moderno pianoforte a coda troviamo, da sinistra a destra, l’una corda, il tonale e quello di risonanza. Nei pianoforti verticali il pedale centrale aziona la sordina, che frappone una striscia di feltro fra le corde e i martelli per attutire il suono. Solo il primo e il terzo pedale sono presenti su tutti i pianoforti.
Chi suona il pianoforte è chiamato pianista.
La tastiera è la parte del pianoforte dove sono posizionati i tasti. La base su cui questa regge è spesso in abete. Lo strumento dispone generalmente di 88 tasti, 52 bianchi e 36 neri, corrispondenti a un’estensione di sette ottave e una terza minore e disposti nella classica successione che intervalla gruppi di due e tre tasti neri. Questa successione permette di suonare le 12 note della scala cromatica abbassando, nell’ordine, 12 tasti della tastiera. In alcuni pianoforti (pochi modelli) la tastiera si estende di 4 o persino 9 tasti oltre i normali 88, andando verso i bassi.[3][4] Il punto di riferimento centrale della tastiera è un tasto do, chiamato appunto “do centrale”.
I tasti dei pianoforti più sofisticati sono spesso in avorio[5] ed ebano, mentre per i pianoforti comuni è usata generalmente la galalite (sostanza di consistenza cornea, ottenuta dalla caseina).
La nota do, a partire dalla quale è possibile eseguire la scala di do maggiore, priva di alterazioni, è il tasto bianco situato esattamente prima di ogni successione di due tasti neri. In genere i tasti neri, in considerazione della tonalità della musica da eseguire, vengono chiamati bemolle o diesis (più generalmente: alterazioni), a seconda che si riferiscano alla nota che li segue o a quella che li precede. Nei due casi, comunque, essi producono un suono che risulta più basso o più alto di un semitono (mezzo tono) rispetto ai tasti bianchi contigui.
I pianoforti moderni possono avere dai due ai quattro pedali, a seconda del costruttore e dell’epoca di costruzione. Sono posti nella parte bassa dello strumento e servono ad alterare il suono dello strumento in diversi modi. I pedali del pianoforte sono generalmente in ottone. Si distinguono i seguenti tipi di pedale:
risonanza o forte (normalmente a destra)
Simbolo usato negli spartiti per indicare l’uso del pedale di risonanza
Introdotto nel 1783, una volta azionato alza contemporaneamente tutti gli smorzatori. Di conseguenza, azionando il pedale, le corde continuano a vibrare finché il suono non si spegne naturalmente. L’impiego di questo pedale aiuta a legare i suoni e, eventualmente, a creare una sorta di alone timbrico e armonico provocato dalla vibrazione simpatica di tutte le corde dello strumento insieme a quelle effettivamente suonate.
una corda (1 C) o piano (normalmente a sinistra)
Tale pedale, nei pianoforti a coda, sposta leggermente tutta la tastiera e la martelliera verso la destra dell’esecutore. In tal modo il martelletto azionato dalla pressione del tasto colpisce solamente una o due corde delle tre che sono associate a ogni tasto. Nei medi e acuti, infatti, ogni nota è intonata da tre corde all’unisono; nella parte alta dei bassi, cioè le corde filate, ogni nota è intonata da due corde, mentre l’ottava più bassa possiede una sola corda per nota. In quest’ultima regione, quindi, il solo effetto del “piano” è lo spostamento del punto di contatto sul martelletto.
Nel dettaglio bisogna considerare anche che i martelletti sono ricoperti da feltrini nei quali si formano dei solchi dati dai ripetuti urti con le corde. Si agisce sulla durezza del suono ammorbidendo il feltro dei martelletti e quindi si può aumentare o diminuire l’effetto del pedale essendo il punto di contatto spostato rispetto a quando il pedale non è azionato. L’azione di spostamento della martelliera comporta che i feltrini dei martelletti urtino la corda in un punto diverso dai solchi e quindi in un punto in cui sono più morbidi. L’effetto è quello di produrre un suono più flebile, ovattato e intimo, adatto a creare particolari atmosfere sonore.
Il medesimo effetto (con risultato molto meno caratterizzato) viene ottenuto nei pianoforti verticali avvicinando i martelletti alle corde, e accorciando in tal modo il percorso che il martelletto compie per raggiungere la corda.
tonale o sostenuto (al centro)
Il pedale tonale è presente nei pianoforti a coda e deve essere azionato successivamente alla pressione di un tasto o di un gruppo di tasti. È in sostanza un pedale di risonanza che agisce solo per un gruppo limitato di tasti, quelli premuti immediatamente prima all’azione del pedale; gli altri non saranno interessati dalla sua azione. È anche conosciuto come pedale Rendano dal nome del suo inventore, il pianista e compositore Alfonso Rendano.
quarto pedale (a sinistra, solo in alcuni modelli di pianoforti a coda)
Utilizzato e brevettato da costruttori come Fazioli[9] e Stuart & Sons[10], non è altro che una trasposizione sui modelli a coda del pedale piano dei pianoforti verticali. Il meccanismo infatti non fa altro che avvicinare tutti i martelletti alle corde, riducendone la corsa e producendo così un suono di volume ridotto, senza modificarne il timbro (come invece succede con l’una corda).
sordina (al centro, solo negli strumenti destinati allo studio e solo nei pianoforti verticali, al posto del pedale tonale)
La sordina (presente anche in altri strumenti) è un pedale che aziona una leva, attraverso la quale viene interposto tra le corde e i martelletti un panno di feltro lungo quanto l’intera estensione dello strumento. Il suono così ottenuto è piuttosto attutito. I pianoforti a coda ne sono sprovvisti e anche i grandi pianoforti verticali hanno, in luogo della sordina, un pedale tonale. Inoltre è l’unico pedale ad avere una rientranza nel mobile, allo scopo di “incastrarlo” senza la costante pressione da parte del musicista. L’anteporre il feltro e altri materiali tra i martelletti e le corde è diventata ormai una pratica standard da parte dei compositori e pianisti più giovani per rinnovare lo strumento e trovare nuove sonorità. Ad esempio Nils Frahm e Olafur Arnalds ne hanno colto le potenzialità per ottenere differenti timbri in fase di registrazione, pratica che influenza inevitabilmente il modo di comporre e di scrivere musica e che ha portato allo sviluppo e alla enorme diffusione del genere neoclassic o modern classic.
Tipi di pianoforte
Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Pianoforte elettrico, Pianoforte digitale, Pianoforte giocattolo e Pianoforte preparato.
Esistono diversi tipi di pianoforte:
Pianoforte a coda Bösendorfer
orizzontale: più comunemente conosciuto come pianoforte a coda; questo tipo di pianoforte è denominato, a seconda della lunghezza totale, come quarto di coda, detto anche codino (145-165 cm), mezza coda (170–190 cm), tre quarti di coda (200-240 cm), gran coda da concerto (o gran coda, o coda da concerto; più di 240 cm); essi producono, in ordine crescente, suoni sempre più ricchi di armonici naturali, a causa dell’ampiezza sempre maggiore della cassa armonica e della maggiore lunghezza delle corde, la quale comporta minore inarmonicità. È usato principalmente per concerti ed esibizioni. Molti produttori stanno realizzando pianoforti eccezionali (artcase): alcuni sono solo decorazioni o scenografici cambiamenti degli attuali (piedi lavorati, intarsio, pittura); per altri si tratta di modifiche radicali, come nel caso dell’avveniristico Pegasus di Schimmel, del M. Liminal disegnato da Philippe Gendre e realizzato da Fazioli, o del Bösendorfer Imperial a 97 tasti.
Pianoforte verticale
verticale: è disposto verticalmente, così come la sua tavola armonica e le corde che stanno dietro alla tastiera. La sua altezza oscilla tra i 100 e i 155 centimetri. È usato principalmente per lo studio a differenza di quello orizzontale usato prettamente per i concerti. Le differenze con il pianoforte orizzontale sono molte a partire dell’ampiezza della cassa armonica, che è minore di quella di un pianoforte orizzontale, e dalla meccanica priva del doppio scappamento. Le corde sono disposte verticalmente (quelle gravi e parte di quelle medie sono disposte diagonalmente in maniera opposta, da qui la denominazione “a corde incrociate”; questo sistema sfrutta la maggiore lunghezza della diagonale di un rettangolo per ottenere corde più lunghe) e a ogni nota corrispondono a seconda del tipo di suono, gruppi di una, due o tre corde. Sono forniti spesso di un pedale posto al centro chiamato sordina che serve per interporre tra i martelletti e le corde un panno di feltro che attutisce il suono e lo rende più ovattato: è stato creato principalmente per non dare troppo fastidio ai vicini di casa. Nel corso della storia il pianoforte verticale ha subito molte modifiche; vennero creati così anche tipi diversi.
a giraffa: è il prototipo più antico di pianoforte verticale, inventato tra il XVIII e la prima metà del XIX secolo. Fu inventato nel 1739 da Domenico Del Mela, originario del Mugello. La sua meccanica sta sopra la tastiera, dietro la tavola armonica. Non è fornito di scappamento.
a piramide: fu costruito nel XVIII secolo e fu utilizzato molto a Vienna. È molto simile a un pianoforte verticale, ma la sua cassa armonica è a forma piramidale.
cabinet: in italiano significa armadio; fu costruito per la prima volta in Inghilterra nella prima metà del XX secolo. Le caviglie e il somiere sono sulla sommità, mentre l’attacco delle corde è vicino al pavimento. Questa disposizione fu inventata contemporaneamente sia dall’inglese John Isaac Hawkins (1772-1855) sia dal viennese Matthias Müller (1770 ca.-1844). Ha la meccanica English sticker action e a baionetta.
pianino: fu inventato a Parigi nel 1815 da Ignaz Josef Pleyel e commercializzato con il nome di “pianino”. Parte della meccanica fu però sviluppata da Robert Wornum (1780-1852) intorno al 1810: egli applicò al pianoforte verticale un sistema di corde incrociate diagonalmente, così da non dover ridurre la loro lunghezza nonostante le dimensioni ridotte dello strumento; nel 1826 creò la meccanica a baionetta (english tape action), che derivava dalla english sticker action.
rettangolare (o a tavolo): la pianta è rettangolare; la tavola armonica sta sulla destra, mentre la tastiera è a sinistra. Il primo modello fu realizzato nel 1766 da Johannes Zumpe (1726-1790) a Londra. Ebbe un notevole successo verso la fine della seconda metà del Settecento, prima in Inghilterra e poi in tutta Europa, grazie alle dimensioni ridotte e al basso costo, nonché al gradevole suono che produceva. Fu usato soprattutto in ambito domestico, ma in seguito venne sostituito dal modello verticale.
pianola: la pianola è un apparecchio musicale automatico, senza sfumature di tono automatico. Il nome pianola deriva da una marca della Aeolian Company di New York. In Germania la Ditta Hupfeld di Lipsia produsse un sistema simile, chiamato Phonola. Le prime pianole furono prototipi; non avevano alcun sistema tecnico nella tastiera, ma suonavano con dita in legno imbottite su un pianoforte o pianoforte a coda, posatovi di fronte.
digitale: il pianoforte digitale è uno strumento integralmente elettronico, particolarmente mirato, però, a riprodurre, con minore o maggiore fedeltà, le sonorità e il tocco del pianoforte acustico.
elettrico: il pianoforte elettrico è uno strumento musicale elettromeccanico a tastiera molto in voga negli anni sessanta e settanta, appartenente alla categoria degli elettrofoni. Il primo modello fu costruito dalla C. Bechstein Pianofortefabrik nel 1931, era un pianoforte a coda munito di pick-up elettromagnetici e aveva nome Neo-Bechstein.
da viaggio: è un modello che risale alla seconda metà del XVIII secolo. La sua meccanica è semplice e senza scappamento (Prellmechanik). È uno strumento portatile e non ha supporti particolari, ma solo delle maniglie per il trasporto. Non viene più utilizzato.
nécessaire: è sostanzialmente un mobile abbastanza piccolo con cassetti e scompartimenti, destinato all’uso femminile, con all’interno una tastiera. Risale al XIX secolo, ma è ormai caduto in disuso.
nécessaire per fanciulli: è uno strumento di piccole dimensioni, fatto su misura per i bambini piccoli. La meccanica è molto semplice ed esso non è provvisto di particolari supporti. Anche questo modello non è più utilizzato e, di conseguenza, non esiste più.
arabo: l’uso del pianoforte nella cultura musicale araba non è stato contemplato, se non per un breve periodo tra il 1920 e il 1940. L’esclusione dello strumento nella musica araba era determinata dall’impossibilità per il pianoforte di emettere i quarti di tono, elemento fondamentale della musica araba. Negli anni precedentemente citati, tuttavia, vennero costruiti dei pianoforti capaci di produrre tali suoni; solo dopo aspre polemiche e forti resistenze, il pianoforte venne accolto nelle orchestre egiziane, all’indomani del congresso dei musicisti arabi del Cairo del 1936. Alcuni compositori utilizzarono egregiamente i pianoforti arabi (Abdallah Chaine, Mohammed Elkourd, Mohamed Chaluf), mentre altri usarono il pianoforte con accordatura all’occidentale per creare composizioni arabe (Mohamed Abdelwahab).